Dipendenza da Dopamina e Social Media 

Cosa succede al cervello, e perché riguarda i social 

Dipendenza da dopamina: se ne sente tanto parlare ultimamente, talvolta in modo appropriato, talvolta inadeguato. Addirittura, capita di sentir parlare di detox da dopamina, come se questa fosse una sostanza tossica esterna, assunta in eccesso in un breve periodo di tempo. La dopamina è un neurotrasmettitore endogeno che non può essere eliminato dal cervello, non ci se ne può disintossicare. Il beneficio del detox deriva dalla riduzione dell’esposizione a stimoli che ne innescano il rilascio e dei comportamenti compulsivi che ne derivano, non certo da un reset dopaminico (Desai et al., 2024). Quindi, per quanto riguarda questo aspetto siamo fuori strada… Siamo invece in carreggiata quando si parla di dipendenza da dopamina e dispositivi digitali, smartphone, social media, console, e tecnologie digitali in genere. 

In questo articolo, parleremo di cos’è la dopamina, del cervello che può sviluppare una dipendenza da dopamina a causa degli effetti che produce appunto sul cervello, e di cosa abbiano a che fare i social con tutto questo. 

Che cos’è la dopamina? 

La dopamina è un neurotrasmettitore, cioè una sostanza prodotta dall’organismo e utilizzata dai neuroni, le cellule del cervello, per comunicare tra loro. Esistono svariati neurotrasmettitori, ognuno dei quali è implicato in funzioni diverse, producendo effetti diversi sul cervello. In particolare, la dopamina è un neurotrasmettitore fondamentale nei processi di motivazione e dell’anticipazione, e spesso è definita come “la molecola della ricompensa”, anche se questa espressione è fuorviante. Oggi, la ricerca sulla dopamina distingue tra wanting (cioè desiderio e motivazione alla ricerca della fonte di piacere, nonché la tensione e l’eccitazione che risiedono nell’anticipazione della ricompensa) e liking (il piacere in sé, la gratificazione). Dalla ricerca attuale, la dopamina appare principalmente coinvolta nel wanting, cioè nella ricerca attiva della fonte di piacere, e nel piacere che deriva dall’anticipazione del vissuto di gratificazione dato dalla ricompensa, vale a dire raggiungere l’obiettivo che prefissato. La dopamina è il carburante che muove l’organismo a cercare la ricompensa, più che generare piacere una volta che la ricompensa è ottenuta (Blum et al., 2012). 

Ad esempio, quando mangiamo una fetta di torta, quando vinciamo al gratta e vinci, quando qualcuno ci fa un complimento, quando abbracciamo chi amiamo, l’organismo rilascia molecole del piacere come la serotonina, l’ossitocina, le endorfine, gli oppiacei endogeni e gli endocannabinoidi, producendo una sensazione di soddisfazione e di benessere. Il piacere derivato dal rilascio di queste molecole funziona come ricompensa, ed è questo vissuto che spinge il sistema di ricompensa a motivare l’organismo, mediante la secrezione di dopamina, affinché il comportamento si ripeta. È un meccanismo adattivo potentissimo, non c’è dubbio, ma rischia di trasformarsi in un ciclo compulsivo se lo stimolo si ripete troppo frequentemente. 

I social media: il piacere che diventa una trappola 

Quando il sistema cerebrale di ricompensa governato dalla dopamina viene sovrastimolato, come nel caso della fruizione di contenuti su social media, nascono i problemi. È questo il caso dei social media, progettati in modo da stimolare ripetutamente il sistema di ricompensa mediante sofisticati meccanismi di rinforzo immediato e intermittente, come i like, le notifiche, le stories, i nuovi contenuti, e così via, i quali stimolano il sistema di ricompensa e il conseguente rilascio di dopamina (De et al., 2025). 

I social offrono agli utenti ricompense immediate che, solitamente, si mostrano sotto forma di immagini o di brevi video. Per chi osserva, l’immagine o il video possono essere più o meno piacevoli, ma non è tanto la piacevolezza dello stimolo (immagine o video) a spingere verso il contenuto successivo, quanto l’aspettativa di poter incappare in qualcosa di interessante, ma allo stesso tempo il non avere alcuna garanzia che vi sia. È proprio questo tipo di aspettativa (wanting) a fornire il vero innesco che attiva il sistema di ricompensa, e il conseguente rilascio di dopamina: magari il prossimo video sarà divertente! (al pari di: al prossimo giro di slot magari vinco!

C’è un però. A differenza di un bacio o di un abbraccio, di una fetta di torta, di una corsa nel parco, esperienze gratificanti che hanno un tempo prolungato di sviluppo (e che pertanto beneficiano del rilascio prolungato di molecole del piacere, restituendo così un vissuto più profondo e di maggior durata), la visione dell’immagine o del video rappresenta per il cervello uno stimolo apido e fugace, della durata di pochi secondi, pensiamo ai video di TikTok o ai Reel o alle Stories. Il rilascio di dopamina è quindi il protagonista della ricerca e dell’attesa di un contenuto piacevole e interessante che potrebbe arrivare.

Nei social la gratificazione non deriva solo dalla bellezza di un post, ma dall’attesa che possa sorprenderci. Ogni immagine attraente produce un rilascio di molecole del piacere, e il rilascio di dopamina che ne consegue spinge a passare al contenuto successivo, per “averne ancora”. Non tutti i post sono ugualmente gratificanti, e questa variabilità intermittente— proprio come nel gioco d’azzardo — mantiene il cervello agganciato in un loop di ricerca e attesa senza fine (Linder et al., 2021). 

Ma, quando arriva, la sua durata non è sufficiente affinché le molecole del piacere possano fare il loro lavoro e restituire un vissuto di piacere profondo e pervasivo, dal momento che la fonte di gratificazione si è già interrotta e si è appena attivata nuovamente l’aspettativa. Un ciclo di ricerca continua. Con il nuovo post, sul quale ci soffermiamo dopo aver rapidamente scorso senza attenzione quelli che all’occhio non apparivano interessanti, il cervello riceve una nuova microdose di dopamina. Lo stesso meccanismo vale anche, e soprattutto, per lo stream dei video brevi, modalità che ha sul cervello un effetto estremamente potenziato rispetto alle sole immagini. 

La vera forza, e allo stesso tempo la grande pericolosità, di questo meccanismo, che possiamo tranquillamente chiamare circolo vizioso, risiede nella somma delle scariche di dopamina, continua e imprevedibile. Non tutte le immagini, infatti, non tutti i video, piacciono allo stesso modo, ed è proprio questa variabilità, combinata con l’imprevedibilità, che crea un forte effetto di rinforzo intermittente, analogo a quello che viene col gioco d’azzardo. 

In poche parole, ogni scorrimento, ogni scroll, porta in sé il desiderio che il contenuto che seguirà possa essere ancora più interessante, ma non vi è certezza che lo sia: l’unico modo per saperlo è andare avanti. In questo modo, l’utente rimane imprigionato in un ciclo perpetuo di fugaci gratificazioni intermittenti e imprevedibili, e di speranze disattese, e il suo cervello si adatta in breve tempo a ricercare gratificazioni brevi e rapide, ma continue, sviluppando così una dipendenza da dopamina.  

Come il cervello sviluppa una dipendenza da dopamina 

Con l’esposizione continua a scariche di dopamina, i recettori dopaminergici del cervello diventano meno sensibili alla sua presenza, diminuendo la loro risposta fisiologica ad essa. Per questo motivo, dopo qualche tempo il piacere nell’attesa e nella possibilità di imprevisto, tipico della dopamina cala in maniera importante. Ma l’organismo ha sviluppato ormai un’abitudine per la frizzantezza della dopamina, e per recuperare lo stesso vissuto inebriante c’è bisogno di una quantità maggiore questo neurotrasmettitore, che all’atto pratico vuol dire stimoli più frequenti o di intensità maggiore: si è sviluppata la tolleranza. Per fare solo un esempio, un utente dei social inizialmente potrebbe sentirsi appagato soltanto dall’attesa di qualche like, mentre col tempo, per vivere la stessa sensazione di appagamento potrebbe aver bisogno di un numero maggiore di interazioni. L’utente è allora costretto ad aumentare il tempo di permanenza online, primo passo questo verso il comportamento compulsivo (Wise e Robble, 2020), che si manifesta nel controllare continuamente lo smartphone per i social, le notifiche, oppure i messaggi, spesso anche se nessun suono o vibrazione ne ha annunciato l’arrivo, anche se non ci sono aggiornamenti rilevanti. Il carburante di questo desiderio bramoso, che porta il cervello ad anticipare la gratificazione ancor prima che questa si verifichi, è la dopamina, e il desiderio irrefrenabile che ne provoca la secrezione è chiamato craving

Nel momento in cui si tenta di sottrarsi a questa a questa spinta, di interrompere, quindi, o di limitare l’accesso allo smartphone o ai dispositivi digitali, il cervello può reagire con sintomi di disagio, dal momento che è abituato a ricevere frequenti ricompense. Il cervello ha imparato che quello schema è positivo per l’organismo, perché restituisce piacere, pertanto, la sua privazione è percepita come un trigger di allerta. La mente torna ripetutamente al pensiero dello smartphone e a tutto ciò che l’impossibilità di accedervi sta facendo perdere, e allora il cervello mette in moto una serie di segnali di allarme, come difficoltà di concentrazione, irrequietezza, ansia, irritabilità. 

Questa tensione interiore non può essere allontanata e rimarrà a far padrona della persona fintantoché questa non torna in possesso dello smartphone, o non si adottano rimedi strutturati. 

Si è appena strutturata una dipendenza da dopamina

Bibliografia essenziale 

  • Blum, K., Gardner, E., Oscar-Berman, M., & Gold, M. (2012). “”Liking” and “wanting” linked to Reward Deficiency Syndrome (RDS): Hypothesizing differential responsivity in brain reward circuitry.” (“”Liking” and “wanting” linked to Reward Deficiency Syndrome (RDS …”) Current Pharmaceutical Design, 18(1), 113-118. https://doi.org/10.2174/138161212798919110 
  • De, D., El Jamal, M., Aydemir, E., & Khera, A. (2025). Social media algorithms and teen addiction: Neurophysiological impact and ethical considerations. Cureus, 17(1), e77145. https://doi.org/10.7759/cureus.77145 
  • Desai, D., Patel, J., Saiyed, F., Upadhyay, H., Kariya, P., & Patel, J. (2024). A literature review on holistic well-being and dopamine fasting: An integrated approach. Cureus, 16(6), e61643. https://doi.org/10.7759/cureus.61643 
  • Linder, P., Ramnero, J., Ivanova, E., & Carlbring, P. (2021). Studying gambling behaviors and responsible gambling tools in a simulated online casino integrated with Amazon Mechanical Turk: Development and initial validation of survey data and platform mechanics of the Frescati Online Research Casino. Frontiers in Psychiatry, 11, 571954. https://doi.org/10.3389/fpsyt.2020.571954 

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